Bollicine
Ci sono modi e modi di bere, ci sono bottiglie e bottiglie: il mondo dell’enologia è vario, affascinante e tutto da scoprire. C’è chi ama il vino rosso fermo e quello frizzante, chi preferisce i vini bianchi freschi da abbinare a tutto pasto, e chi opta per la delicatezza dei vini rosati. E poi c’è chi per pasteggiare, o per festeggiare, non rinuncia alle bollicine. Da tempo, ormai, le feste e le ricorrenze speciali vengono collegate e bottiglie altrettanto speciali, quali sono quelle di spumante o di champagne. Hanno un fascino unico, che le rende perfette per le occasioni indimenticabili, c’è chi trova sollievo al solo ammirarle nelle flutes o nei calici, piccole eppure rigogliose ed intriganti, e c’è chi gode ad assaporarne l’effervescenza e il pizzicore sotto al palato. Una vera e propria magia, insomma, un elemento carissimo per gli amanti delle bottiglie di spumante e di champagne, che è di qualità anche quando vanta bollicine fitte e vive. Oltre che un fattore a sé stante, le bollicine infatti possono dirla lunga sulla qualità e sulle caratteristiche del vino. Un perlage delicato, abbinato a bollicine abbondanti , è sinonimo di vino buono. Pertanto, quando stappate una bottiglia e ne versate il contenuto in un bicchiere, prima sorbirlo soffermatevi un attimo a scrutare le bollicine che contiene: vi racconteranno una storia interessante…
Una delle domande più comuni tra coloro che si avvicinano per la prima volta al mondo dell’enologia è: da cosa nascono le bollicine? Come si formano? Perché ci sono bottiglie più frizzanti ed effervescenti ed altre decisamente più spente? In effetti, l’abbondanza delle bollicine è uno degli elementi che differenziano tra di loro le bottiglie di spumante e champagne. La prima cosa da dire è che le bollicine che ammiriamo all’interno della bottiglia altro non sono che anidride carbonica: in tutti i casi e in tutte le bottiglie, l’anidride carbonica si forma durante la seconda fermentazione, quella che avviene per mezzo dei lieviti all’interno della bottiglia tappata. Sia che si produca spumante con metodo classico, servendosi quindi delle famose pupitres, sia che ci si serva delle autoclavi tipiche del metodo Martinotti-Charmat, durante la seconda fermentazione in bottiglia, il prodotto assume l’effervescenza e le bollicine per mezzo dell’anidride carbonica. Le bollicine non sono altro che la trasformazione dello zucchero presente nel mosto in anidride carbonica ed alcool etilico: le si può considerare, in altre parole, il frutto tangibile del miracolo mediante il quale il mosto diventa vino (spumante e champagne nel nostro caso).
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Con il passare del tempo, quello necessario per la rifermentazione, infatti, lo zucchero si tramuta in anidride carbonica ed alcool etilico, e il nostro prodotto diventa una sostanza alcolica in diverse percentuali. Le statistiche e i calcoli matematici ci dicono che per ogni litro di vino, durante la seconda fermentazione in bottiglia, vengono prodotti 6,5 litri di anidride carbonica. Una bottiglia da 75 cl avrà, in altre parole, 5 litri di gas, ovvero 9 grammi, intrappolati sotto il tappo e nel bel mezzo dello spumante. Quantità che possono sembrare assurde e spropositati, ma che sono reali e, a ben vedere, tutt’altro che impossibili. Le cose cambiano notevolmente quando la bottiglia viene aperta, perché si spezza l’equilibrio termo-dinamico tra l’interno e l’esterno della bottiglia. Quando la bottiglia viene aperta, infatti, la pressione del diossido di carbonio gassoso cala improvvisamente, e l’equilibrio stabile viene meno perché il liquido contiene una quantità di anidride carbonica effettivamente sproporzionata rispetto al mondo che la circonda. Come si raggiunge, a questo punto, un nuovo equilibrio? La risposta è molto semplice e corrisponde esattamente al lasso di tempo che intercorre tra i primi secondi in cui lo spumante entra a contatto con il bicchiere e gli attimi in cui lo sorbiamo. Quel lieve spumeggiare, lo sfrigolio che producono le bollicine appena versate all’interno della flute, è qualcosa di mirabile ma anche di fondamentale: in quei momenti lo spumante si sta ossigenando e sta disperdendo il diossido di carbonio in eccesso. Di conseguenza, una volta versato il nostro vino all’interno del bicchiere, basta pazientare qualche secondo, magari ammirando lo spettacolo della spuma e delle bollicine che urlano in silenzio, e il gioco è fatto.
Quali sono i fattori determinanti in questo momento? Innanzitutto, è fondamentale la forma del bicchiere, e il tempo che si attende, perché più ne passa più il processo dello scambio gassoso esaurisce la sua forza. Bisogna aspettare la giusta quantità di tempo per godere appieno delle caratteristiche dello spumante: del resto, basta osservare il bicchiere e vedere quanto velocemente cambi l’intensità del flusso di effervescenza per rendersene conto.
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